A MARCIA INDIETRO, SULLA STRADA PER ALEPPO

Sì, è perverso l’intreccio tra denaro, sesso e potere cui stiamo assistendo, in cui possiamo leggere l’alienazione di sessualità e sentimenti. Lo scenario – nel nostro mondo, nella società occidentale – è del tutto nuovo. Sono saltate le zone di confine, non ci sono più barriere tra i diversi soggetti e le diverse pratiche sessuali, commerciali e no. Regole e ipocrisia che all’insegna della morale e delle convenienze sociali nettamente dividevano pubblico e privato, vizi e virtù, con tutti i loro incroci possibili, non hanno più alcuna forza, né reale né simbolica. La libertà del sesso, il venir meno dello stigma nei confronti delle donne che lo praticano al di fuori del matrimonio, il dilagare negli spazi pubblici delle cene “eleganti” nelle case dell’ex premier Silvio Berlusconi ne sono forse il sintomo più vistoso, non la causa.

Livio dice che “le società industriali avanzate hanno cessato di opporsi alla liberazione del desiderio“. Ma c’è ben altro ancora tra il moralismo dei tempi andati e “le cinquanta sfumature di sesso tra Hollywood e Aleppo“. Ci sono le donne che sono uscite dalla nicchia ovattata e spesso asfittica della famiglia, e sono in prima fila nel lavoro, nella politica, nella competizione sociale, nella rottura degli argini che separavano il pubblico dal privato. C’è per le ragazze un’indiscutibile libertà sessuale disponibile ora fin dall’adolescenza e- accanto- l’assenza di un contemporaneo discorso femminile sul sesso, un  disordinato incrociarsi di comportamenti e desideri che sembrano andare in direzioni diverse. Il salto fra le generazioni femminili in tema sesso, anche nelle incomprensioni reciproche,non è mai stato forse così  forte. Le bambine, le adolescenti – secondo gli ultimi rilevamenti – inviano e ricevono in gran numero foto delle parti intime loro e dei loro coetanei che circolano su  tablet, blog, video, chat, cellulari.

 La crisi della passione sessuale, del desiderio, è dilagante. Il mercato dei corpi ne è – insieme – sintomo, causa, specchio, elemento di contagio e di diffusione. Il tutto plasmato, alimentato, dilatato da immagini e comunicazioni che corrono via internet. Sì, “il feticismo delle apparenze è diventato estetica di tutti i giorni“. Il bambino viene messo su Internet quando è ancora nella pancia della mamma, e poi ci ritorna quando mette il primo dente, quando fa la prima nuotata. Quello che conta è mandare in giro l’immagine del piccolo, poi la propria immagine, l’immagine che hai ripreso. Significa qualcosa la storia delle  ragazzina di dodici anni che viene massacrata di botte da una 17enne sotto gli occhi di decine di compagni i quali riprendono la scena e la mettono poi su rete, senza che nessuno di loro intervenga per separarle, difenderle da loro stesse, e nessuno  stigmatizzi,  spieghi, punisca.

You Could Die Of Thirst If The Girls Won't Give You Sips by Helga Weber (Flickr)

You Could Die Of Thirst If The Girls Won’t Give You Sips by Helga Weber (Flickr)

 Nè meno esemplare è il caso della  ragazzina di Torino che va in discoteca, incontra un ragazzo, passa nella toilette e fa sesso con lui,  poi scopre che tutto è stato ripreso da un telefonino e messo su rete, visto da migliaia di persone, e non se ne cruccia: quando la mamma scopre la cosa e denuncia il ragazzo, reagisce dicendo “sono affari miei”. Esattamente lo stesso che dicono gli amici, i compagni di scuola, i promotori di quel circuito di immagini. C’è una fragilità, una sconfitta di queste creature che fa tremare, cui non si sa trovare una risposta o un rimedio. Sono episodi che testimoniano  una libertà sessuale che a sua volta fa a pugni con l’aumento della domanda di rapporti sessuali a pagamento. Perchè , in un’epoca in cui le donne non sono più fortezze da espugnare, l’industria del sesso prospera?

Perchè, se si digita “sesso”, su Google appaiono decine di milioni di risultati e, se si digita “sex”,  le risposte sono centinaia di milioni? Con una varietà stupefacente di persone, di servizi sessuali fra cui scegliere? Con prezzi che variano secondo le leggi del mercato.  Perchè non fa più scandalo la figlia o nipote di amici che per pagarsi un master, un viaggio all’estero, pratica sesso commerciale? O per compiacere il suo ragazzo offre servizi sessuali ai suoi amici, magari in cambio di un po’ di fumo, di una ricarica del cellulare? E la moda, i creatori di moda, non assecondano quest’ onda e non mandano in passerella  quella femminilità che soltanto i trans sembravano in grado di rappresentare, fino al fatale tacco di 12 cm?

 Lo scenario è inquietante quanto in vertiginoso movimento. Ma alcuni punti restano fermi, immoti e – tutto sommato – ben poco interessanti. I punti rappresentati dai vari Strauss-Khan, gli uomini che – nell’evidente asimmetria di risorse, ricchezza, potere con le donne che hanno davanti – le pagano, le brutalizzano, le umiliano, le disprezzano, e non provano alcun senso di colpa. Andare con la puttana, e negare di averla pagata, è un piacere cui non tutti sanno rinunciare. Comprarla significa averla alla propria mercé, renderla merce di scambio. Lo facevano gli uomini dell’antichità. Sui muri delle Terme di Pompei sono ancora scritti gli insulti, le lodi, le rabbie degli utenti dell’  “amore mercenario”. Neppure in questo l’ex candidato alla presidenza della Repubblica Francese e quelli come lui riescono a distinguersi.

 Liliana Madeo

(Image credits: Good Girls Keep Their Legs Crossed by Helga Weber – Flickr)

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3 commento in “A MARCIA INDIETRO, SULLA STRADA PER ALEPPO

  1. La lettura degli interventi di Livio e Liliana -noi e il sesso, la libertà, il narcisismo, il denaro, la violenza: dico, mica robetta, eh!- mi fa domandare: noi eravamo diversi, e perché?
    Vivevamo, come singole persone e come società italiana, condizioni difficili. Sentivamo come una necessità materiale poter apprendere il più possibile, per essere in grado di rispondere a inquietudini urgenti: come guadagnarci una vita decente e come diventare cittadini consapevoli, capaci di evitare le tragedie che sia pure da bambini avevamo vissuto?
    Anche nei contrasti che inevitabilmente sorgevano con i genitori, questa coscienza ci portava comunque a solidarizzare con loro per l’ esempio di tenacia e coerenza che rappresentavano ai nostri occhi. Una scelta importante, già questa, che ci portava su un certo cammino e non altri.
    C’ era poi la politica, che ingenuamente credevamo di poter indirizzare attraverso il nostro impegno. La delusione di oggi, non cancella i risultati di ieri. Insufficienti rispetto alle attese, tutt’ altro che trascurabili se misurati sui passi inimmaginabili compiuti dall’ Italia nella seconda metà del secolo scorso.
    In questo quadro il sesso pulsava prepotente dentro ciascuno di noi, il moralismo che imperversava ci era nemico e lo abbiamo a nostra volta avversato, sebbene alcune sue censure venissero così dal profondo di noi che non ce ne rendevamo neppure del tutto conto. Soprattutto le ragazze, che almeno nella mia esperienza personale (che pur ha attraversato un periodo di lavoro al Piccolo Teatro di Milano) erano in genere -come osserva Liliana- munite come “fortezze da abbattere”.
    Insomma, su questo terreno -e su altri- non c’ era nulla di cui compiacerci. Ma i problemi erano tanti che nessuno diventava ossessivo. E sentire di doverci conquistare ogni centimetro di piacere per farne un diritto di tutti, mi sembra che ci desse energie. D’ accordo con Edith Piaf quando cantava:”Je ne regrette rien”.

  2. L’ aspetto per me più sconvolgente della questione indicata da Liliana e Livio sta nel profondo malinteso che accompagna e contraddice l’ emancipazione della donna, che non riesce a sfuggire alle leggi del contesto culturale generale. Ciò fa si che nelle nostre società e -con ogni evidenza- ancor più in quelle musulmane la donna continui a essere vittima.
    Tra noi occidentali la liberazione sessuale scambiata automaticamente per emancipazione non ha rimediato alla maggiore fragilità sociale e psicologica della donna.Non l’ha posta in condizione di difendersi da quello sguardo maschile che la vede esclusivamente come oggetto. Negandole perciò autonomia e rispetto di persona, con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi.
    Nel mondo islamico è chiaro poi che l’ uomo nasconde la donna (in casa, sotto lo shador, dietro il velo) nella paura patologica che possa provocare il desiderio di altri uomini. Infatti una volta che la donna viene “minorizzata”, ridotta bambina, oltre che inoffensiva diventa inaffidabile. Dunque esposta al “tradimento”.
    Ma non è tutto, poiché rifiutata l’ idea di un rapporto paritario, di scambio solidario ancorché appassionato, l’ uomo “minorizza” anche se stesso e a questo punto è messo in tensione dal suo proprio desiderio, che gli fa temere di finire assoggettato alla donna. Dietro i divieti che le impone, nei castighi con cui la colpisce quando pensa che se lo meriti o anche solo per capriccio, si nasconde un sessuofobo, un malato.
    A conclusione della mia esperienza di vita in Iran, mi veniva di pensare che dentro ciascun uomo può nascondersi un piccolo imam!
    Detto tutto questo, nel mondo materialista e consumista dei nostri giorni che idolatra il denaro, non mi stupisce troppo che il sesso sia diventato una merce più ambita e pubblicizzata che mai.

  3. Condivido le osservazioni di Liliana e anche quelle di Livio. Anche se non sono sicura di aver presente tutte le loro implicazioni. Una tema difficile questo del sesso. In bilico sul suo cornicione ci stiamo un pò tutti. Io ci vedo pure gli argomenti dei due autori che lodano la libertà e criticano gli eccessi. 12 centimetri sono troppi per i tacchi, ma la morale può essere misurata in centimetri?
    La questione esiste, discorso è giusto. Va fatto.

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