NEL FILM RUSSO IL “LEVIATANO” DIVORA IL CITTADINO

Candidato all’ Oscar per il miglior film straniero, Leviathan, del giovane ma già premiatissimo regista siberiano Andreij Zvyagintsev e dello sceneggiatore Oleg Nagin, è un’opera non comune nel cinema internazionale e meno ancora in quello russo. Non si può dire infatti che il cinema di forte impronta civile e politica sia di gran moda. Neppure tra il pubblico più preparato. E quello di Zvyagintsev è di un verismo cupo in cui l’ ingiustizia più infame non trova vendicatori e tutto accade con una inesorabilità da tragedia greca. La vodka assai più che l’ amore offre alle vittime i pochi momenti di pietà per se stesse.

A Hollywood, che pure conosce Zvyagintsev, il film non è piaciuto abbastanza da meritare il premio. Ha tuttavia sollevato discussioni e polemiche accese. Vuol dire che nella giuria qualche sostenitore lo aveva. Infatti uno dei membri americani ha dichiarato che lo stesso rappresentante russo non solo non ha osato votarlo, ma neppure spiegarne i motivi. E a Mosca la stampa specializzata ha praticamente insultato il regista, scrivendo che il suo livore anti-patriottico pietisce consensi in occidente. Tanta acredine sembra riemergere da  un passato che sembrava inghiottito per sempre nell’ immenso ventre russo.

Un piccolo centro sulla costa del mar di Barents è lo scenario in cui il regista rappresenta una vicenda di sopraffazione e corruzione troppo esplicite ed estese perchè lo spettatore non vi legga qualcosa che va ben oltre la circostanza. Il sindaco, che per modi ed eloquio sembra essere stato eletto dalla mafia georgiana e invece mostra, anzi esibisce complicità e protezioni tanto nella Chiesa ortodossa quanto nel potere centrale a Mosca, vuole impadronirsi della casa e soprattutto del terreno di una vecchia famiglia. E pur di ottenerli non si ferma davanti a nessuna nefandezza. L’ oltraggio gli piace non meno della refurtiva.

Il dramma ha un’ atmosfera ossidata come di tempi lontani, ma è invece ambientato nell’ immediato presente. Il ritratto appeso sulla parete nell’ ufficio modernoso del sindaco è quello del Presidente Vladimir Putin. La crudele, vorace burocrazia di stato e religiosa pratica l’ abuso senza la minor remora. I delitti sono innumerevoli e restano tutti senza castigo. Il male vince su tutto e se ne compiace. E’ una Russia che avrebbe sconcertato Dostojevskij. Ma appare di un realismo macabro.

La carcassa scarnificata di un grande cetaceo arenato sulla squallida spiaggia cittadina  è una presenza troppo ingombrante e insistente nel film per non assumere un significato simbolico.  Sembrerebbe alludere a quanto rimane delle aspirazioni democratiche del popolo russo, affidato da un destino malvagio a un Leviathan niente affatto mistico, espressione di un potere tentacolare uscito non dalla Qabbalah ebraica bensì dalle pagine di Thomas Hobbes.

 

(Image credits: “Leviathan old”. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons)

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Un commento su “NEL FILM RUSSO IL “LEVIATANO” DIVORA IL CITTADINO

  1. A me il film è piaciuto moltissimo anche se fa male, perchè il linguaggio cinematografico è duro e capace di assorbirti totalmente in una atmosfera di una inesorabile crudeltà dalla quale non c’è scampo. La sequenza della ruspa che distrugge la casa lentamente, con la sua brutale violenza mi ha davvero accartocciato lo stomaco. Sarà la familiarità del linguaggio, la reminiscenza di un mondo passato che è ancora riconoscibile e dolorosamente presente, sarà la vodka che scorre a fiumi che viene usata più per lenire l’impotenza che per piacere, che il film mi era sembrato degno di un oscar e mi è rimasto dentro più di tanti altri.

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