ORGOGLIO E PREGIUDIZIO NELLA CRISI DEL MODELLO CILENO

Cile Bandiera

All’indomani del giorno più triste nella guerra a lungo negata contro il Covid19, il presidente Sebastian Piñera celebra la gloria della vittoriosa battaglia navale di Iquique nella guerra del Pacifico contro il Perù (21 maggio 1879). E mentre nelle periferie di Santiago i carabineros contengono con lacrimogeni e pallottole di gomma i giovani che incendiano cassonetti della spazzatura per protesta contro la mancanza di cibo, lui indica al paese l’esempio di Arturo Prat, l’eroe che a bordo di una vecchia corvetta riuscì nel colpo di mano d’assaltare uno degli incrociatori più possenti della flotta nemica.

Dice che così come quella, anche questa contro la pandemia che affligge il mondo intero è una lotta disuguale: il buon David contro Golia, il gigante cattivo. Invocando dal popolo un atto di coraggio pari a quello di Prat. Ma trascurando le critiche che gli rivolgono anche all’interno della sua stessa coalizione di governo, oltre che dall’intera opposizione, per la grave sottovalutazione del pericolo rappresentato dalla pandemia. Già a quasi metà marzo, egli non cessava di minimizzarlo e dichiarava pubblicamente in varie occasioni di aver comunque predisposto forti e sicure difese sanitarie. Lo diceva in TV, l’hanno visto e ascoltato tutti.

Ha lasciato quindi alle autorità locali la gestione di campionature della popolazione contagiata, controlli ed eventuali quarantene. Che nella capitale, Santiago, sono stati compiuti parzialmente e a rotazione tra i 43 comuni della cosiddetta Regione Metropolitana, la più vasta e popolosa del paese. Dal vecchio centro a fondo valle, i circa 7 milioni di persone che vi risiedono risalgono lungo il rio Mapocho sui crinali della pre-cordigliera andina in centri sempre più marcatamente a carattere residenziale, serviti però da una medesima rete commerciale di approvvigionamento, oltre che da un comune sistema di trasporti pubblici.

L’alternanza non ha funzionato, com’era possibile prevedere e qualche giornale (La Tercera) aveva scritto, considerato che gli abitanti delle diverse zone s’incrociavano poi tra loro negli shopping-center così come nei piccoli commerci, sugli autobus e nei grandi stazionamenti per le autovetture. Fino a esplodere nello scorso mercoledi nero, portando a oltre 58mila il numero degli infettati (sebbene la percentuale della popolazione sottoposta ai test sia assai ridotta e pertanto sia diffuso il sospetto che in realtà possa essere maggiore), e a 546 quello dei morti. Con il sistema ospedaliero in gran parte privato sottoposto alla massima della tensione.

Sebastian Piñera

La quarantena è stata pertanto generalizzata e prorogata fino al prossimo 29 maggio. E Piñera si è giustificato affermando che nessuno poteva prevedere la virulenza portata dal coronavirus, tant’è che tutti ne sono stati sovrastati, anche il paese più potente del mondo (alludendo con ogni evidenza agli Stati Uniti). Ha deciso all’ultimo momento una distribuzione di viveri nelle zone maggiormente disagiate, in cui vivono secondo stime accreditate non meno del 20 per cento dei quasi 20 milioni di cileni e tra i quali la disoccupazione ha punte del 29 per cento (contro il 10/11 della media nazionale).

L’economia cilena è in recessione. A contenerla è soltanto l’export di rame (il tradizionale salvadanaio nazionale). Ma la quotazione internazionale è al ribasso e suo quasi unico cliente la Cina. Dalla Cepal a Standar&Poor, gli indicatori non volgono al bello. Alcuni episodi di solidarietà del movimento studentesco con il malessere estremo delle periferie acuiscono ulteriormente le preoccupazioni del governo, ma non le sue capacità di proposta. La pandemia che ha prima diluito e poi sciolto le manifestazioni di piazza contro gli aumenti di prezzi e tariffe decisi da Piñera, fino allo sciopero generale di 7 mesi addietro che lo costrinse ad accettare il referendum per una nuova Costituzione, minaccia adesso di convertirsi nella miccia capace di riaccendere il fuoco della ribellione. 

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