WEIMAR, LA MEMORIA SCISSA DI ALCUNI TEDESCHI

E’ nota e frequentemente ricordata la sindrome tedesca di Weimar, la Repubblica sorta nella cittadina della Turingia tra la sconfitta dell’Impero nella Grande Guerra e l’avvento del nazismo. Lo è stata quasi quotidianamente ancora negli ultimi mesi in innumerevoli commenti internazionali, in relazione alla politica di rigida austerità imposta dalla Germania di Angela Merkel all’ Europa in crisi e adesso ulteriormente ravvivata dall’ esito elettorale in Grecia.

La memoria dei tragici rivolgimenti sociali e istituzionali di quel quindicennio, di fatto una lunga, larvata guerra civile, cui nel 1923  fa seguito una devastante inflazione che precipita infine definitivamente il paese nel nazismo, viene indicata appunto per spiegare di dove verrebbe l’ intransigenza tedesca verso qualsiasi allentamento dei vincoli di bilancio. Il gatto che si è bruciato con l’ acqua bollente, teme anche quella tiepida, dice un vecchio proverbio russo.

Com’è ovvio la vicenda tedesca tra le due guerre è assai più complessa e contraddittoria. Nelle convulsioni che seguono la sconfitta, ha un peso determinante l’ umiliante oltre che onerosissimo trattato di pace di Versailles, sottoscritto appunto dalla Repubblica di Weimar. La Germania, soprattutto per l’ insistenza francese, è costretta a farsi carico dell’ intera responsabilità morale ed economica della guerra. Ma giunta a un certo momento, non ce la più a pagare. Arrivano allora l’ iperinflazione, la disoccupazione di massa e Hitler.

Niente affatto dimentichi di questa catena di disgrazie sfociate infine nella catastrofe della Seconda Guerra Mondiale, i suoi vincitori non impongono indiscriminatamente ai vinti nessuna punizione innecessaria. Al contrario, offrono loro la possibilità di un riscatto. Dopo Norimberga vengono i massicci aiuti del piano Marshall. E invece di replicare desideri di rivincita, i vinti rispondono rispolverando dalla vecchia scuola di Friburgo l’ ordo-liberalismo, che oggi conosciamo come economia sociale di mercato.

Sulla base dei suoi principi etico-economici,  Adenaur ed Erhard costruiscono una nuova entità statuale tedesca, altrimenti impossibile all’ indomani dell’ infamia hitleriana. Ma questa non sarebbe sufficiente a promuovere la rinascita tedesca senza la remissione di tutti gli enormi debiti che opprimono la Germania. Certo non è ininfluente l’ inasprirsi della guerra fredda e il desiderio dell’ Occidente di garantirsi la fedeltà della Germania Federale, nata 4 anni prima, in un ipotetico nuovo conflitto mondiale. La Conferenza di Londra del 1953 che la decide resta comunque un atto generoso, oltre che lungimirante. E ad esso contribuisce anche la volontà italiana.

Etica luterana, solidarietà interclassista, tenacia e genio tecnico del lavoro teutonico quanto si vuole; tuttavia senza quella storica rinuncia ai crediti insistentemente suggerita dall’ insigne economista inglese John Maynard Keynes agli alleati, è del tutto ragionevole supporre il deutsche-wunder difficilmente avrebbe sollevato i tedeschi dall’ asfittica penuria in cui la guerra li aveva ridotti. Angela Merkel che ha vissuto l’ esperienza dell’ altra Germania potrebbe testimoniarlo. Sarebbe un secondo miracolo tedesco, altrettanto beneficioso per tutti.

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