GRECIA: IL CORAGGIO DELLA DISPERAZIONE

La vittoria di Syriza non è stata la presa del Palazzo d’ Inverno. Alexis Tsipras ha guidato un eterogeneo esercito di elettori alle urne, non l’ assalto di un reparto scelto di bolscevichi. E da stamane –così come farà ogni giorno nelle prossime settimane e mesi- di sicuro presta non minore attenzione ai bollettini delle borse di Francoforte, Londra e New York che alle alchimie politiche che dovranno assicurargli una maggioranza  sufficientemente stabile in Parlamento.

La via scelta per riscattare le speranze dei greci confiscate dall’ austerità ad oltranza imposta dall’Europa e dal banking internazionale, passa per il dialogo e la trattativa. Quell’ inverno nucleare che per il Financial Times potrebbe abbattersi sull’ intera economia europea in mancanza di un qualche accordo, dipende meno dal governo greco che dai suoi creditori. Il rapporto di forze è davanti agli occhi di tutti.

Syriza è diventato il partito più votato grazie alla nettezza del suo programma: rinegoziare il piano di salvataggio per ottenere una forte ristrutturazione del debito e riforma del sistema politico per ampliarne la democrazia. Più alcuni provvedimenti di emergenza: riattivare l’ erogazione di energia elettrica e in alcuni casi dell’ acqua corrente alle decine di migliaia di famiglie alle quali sono state tagliate per morosità; l’ aumento del salario minimo da 586 a 751 euro mensili; la creazione di 300mila nuovi posti di lavoro, poichè dopo 5 anni di rigore la Grecia ha oltre il 26 per cento di disoccupazione e nessuno conta i sotto-occupati. Sono dati che fanno intendere bene quali distruzioni ha operato la crisi nell’ economia e nella società. E’ stato detto e ripetuto che la Grecia deve essere un esempio per l’ Europa. La Grecia, il più debole dei Pigs, risponde che è esausta ma non si arrende. Astenendosi però dal pronunciare la parola maledetta, default.

Il tabù non cela i rischi che il prossimo futuro riserva alla Grecia e all’ Europa tutta, anche oltre i 28 dell’ Euro. E certo che l’ economia greca costituisce appena un sesto di quella italiana ed è stato detto che il sistema europeo potrebbe sopportare una sua eventuale insolvenza. Tuttavia circolano studi secondo cui le ricadute porrebbero in moto una serie di effetti a catena pericolosi per varie banche, soprattutto del nord Europa. Il danno d’ immagine colpirebbe di riflesso tutta l’ Unione. Ne sono consapevoli anche in Germania. Angela Merkel e ancor più il suo banchiere centrale manifestano ogni giorno l’ intransigente richiesta di rispetto dei piani di risparmio da parte dei paesi più indebitati. Ma i maggiori sindacati e ben oltre metà del partito socialdemocratico chiedono invece  di espandere l’ economia attraverso l’ incremento dei consumi interni e non puntando essenzialmente sull’ export, come ha fatto Berlino nell’ ultimo decennio. E’ stata questa politica uno dei fattori che hanno squilibrato i commerci europei.

Da subito, perchè l’ urgenza è estrema, Alexis Tsipras e Syriza si giocano la testa propria e il futuro della Grecia. Il loro straordinario successo potrebbe rivelarsi nondimeno effimero se la situazione dovesse ulteriormente precipitare. All’ interno se la dovranno vedere con le riforme rimaste incompiute, a cominciare da quella impositiva alla quale si oppongono da sempre i grandi gruppi industriali e finanziari, ma che non gode le simpatie neppure della classe media. L’ assenza di una moderna cultura fiscale  è una responsabilità storica dei ceti dirigenti del paese, insieme all’ inefficienza amministrativa dello stato e la corruzione. Ma nell’ immediato sarà decisivo il modo in cui imposteranno il negoziato con Bruxelles. Se sapranno trovare le alleanze necessarie a rimuovere le resistenze del blocco nordico-scandinavo guidato dai tedeschi, potrebbero facilitare una spinta forte verso nuovi termini per una rinegoziazione generale del debito in Europa. L’ Italia non ne sarebbe certo disinteressata.

A radicalizzare la sinistra greca e i suoi elettori sono stati del resto i comportamenti elusivi dei governi di centro-destra con la complicità di  alcune grandi banche americane, che con le loro consulenze hanno lucrato centinaia e centinaia di milioni di dollari. In combutta tra loro, questi ultimi hanno di fatto truccato per anni i bilanci dello stato al fine di falsarne al ribasso il livello d’ indebitamento reale, occultando una parte della spesa per mezzo di artifici finanziari. Quando nel 2009 i socialisti riconquistano il governo, le stesse banche ripropongono  a George Papandreu gli stessi trucchi. Ma il leader del Pasok rifiuta. Teme in questo modo di ritrovarsi sulle spalle l’ onere di un debito occulto che quasi raddoppia quello reale ed è ignoto all’ opinione pubblica. Subito dopo scoppia la crisi che oggi eredita Syriza. Tanto Papandreu quanto Tsipras conoscono in carne propria il potere del sistema creditizio internazionale, contro il quale una piccola economia non può resistere. E’ lungo la strettoia tra la forza della volontà popolare, la sua capacità d’ iniziativa politica e quella del sistema bancario internazionale che il nuovo governo greco dovrà farsi strada per ottenere la piena solidarietà dell’ Europa.

 

 

(Image credits: Luigi Rosa)

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