TUTTI NEL PALLONE

Che il calcio italiano fosse malato era evidente anche a quanti non stanno nel pallone. Molti addetti ai lavori lo denunciano da anni. Anche prima che le famiglie disertassero le curve e che finissero i soldi facili dei presidenti spendaccioni. Acquirenti d’ ogni risma, un pò seri e un pò meno (come del resto numerosi possibili venditori), si fanno avanti da Low Manhattan, dai soliti emirati, da Giakarta. Solo la Corea del Nord non ha ancora espresso l’ intenzione d’ impossessarsi di qualche undici italiano. Questione di tempo. . .

All’ assemblea della Lega Pro di Firenze la spaccatura del pallone è stata infine sancita ufficialmente. Metà con il presidente Mario Macalli e il consigliere federale nonchè presidente della Lazio, Claudio Lotito, personaggi entrambi coloriti e (a dir poco) controversi; l’ altra metà contro, a tal punto che se ne sono andati (29 su 60). Come serie A, dallo stars-market siamo fuori da tempo (da quando le banche hanno sospeso il credito, facile e non), dalle  competizioni internazionali siamo stati eliminati.

I milioni di euro in diritti radio e TV sono l’ unica e concreta materia del contendere insieme a qualche stadio da costruire in proprio convincendo i municipi interessati a un atteggiamento collaborativo. Per questo litigano i litiganti di sempre. Non per gli scarsi risultati di spettacolo e di classifica. Che non lasciano indifferenti, ma neppure sono sufficienti a spiegare l’ accaduto. Juve e Roma protestano e per i bianconeri, Marotta chiede l’ intervento del governo. Del Rio risponde che bisogna cambiare tutto. In Parlamento piovono le interrogazioni. Tutti nel pallone.

 

(Image credits: By Roberto Vicario -Roberto Vicario -[CC BY-SA 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0], via Wikimedia Commons)

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