UN TRAMONTO MOSCOVITA – La Russia di Putin ha i conti in rosso – Parte 1

 Boris Efemovich Nemtzov è stato ucciso davanti al Cremlino solo poco più di un mese fa, i 5 ceceni e inguscezi accusati sono in carcere, e per la prima volta il Tribunale di Mosca dichiara in via ufficiale che sono solo dei killers, dietro di loro c’è un mandante al momento ancora sconosciuto; ma dai giornali e nei commenti della gente per la strada, nei negozi o in metropolitana l’ assassinio è quasi evaporato, assai più in fretta della neve che malgrado l’ arrivo della primavera ancora imbianca le strade di Mosca. Quello di Anna Politkovskaja nel 2006, 7 ottobre, compleanno di Vladimir Putin, suscitò una commozione ben più prolungata. Cos’ è cambiato?

Anche la sempre più aggressiva politica internazionale del governo suscita inquietudini. Qualche esponente dell’ intimidita opposizione periodicamente lo denuncia. Sono tuttavia i forti segnali di crisi economica a marcare in questi giorni le immediate preoccupazioni dell’ opinione pubblica, non molto abituata a esprimersi. La caduta dei prezzi internazionali del petrolio dimezza le royalties russe e gli effetti si aggiungono a quelli delle sanzioni dell’ Occidente per l’ Ukraina.  Nelle grandi città. Le donne, e anche molti uomini, all’ uscire di casa tornano a mettersi in tasca l’ avoska, la borsa a rete che nei decenni bolscevichi fu il feticcio della precarietà dei consumi: se attraversando la città o nello spaccio del posto di lavoro incontrano qualche cibo a buon mercato, come accade periodicamente, comprano quanto possono e lo mettono nella provvidenziale borsa. Dall’ idea dell’abbondanza a quella della sussistenza.

La svalutazione del rublo che ha quasi dimezzato il suo valore contro il dollaro Usa e l’ inflazione che oscilla intorno al 15 per cento senza alcun accenno ad arrestarsi, negli ultimi 12 mesi hanno provocato un aumento del costo della vita senza precedenti da un decennio a questa parte. A soffrirne maggiormente, come avviene puntualmente in tali situazioni, sono le  categorie a reddito fisso: lavoro dipendente, pensionati. Ma il freno ai commerci lo risentono tutti. La piccola e media impresa deve vedersela con un prime-rate bancario salito al 20 per cento. La produzione in generale è alle prese con un aumento dei costi, un mercato di consumo in contrazione, e investimenti dall’ estero bloccati dalla crisi ukraina.

Nell’ immediato i generi alimentari sono i più colpiti: carne, frutta e verdure sono rincarate del 35-40 per cento. La spesa del russo medio per il cibo assorbe una percentuale crescente del reddito: secondo dati della Vneshtorbank Capital, nel 2007 era del 25 per cento, nel 2014 è stata del 40, nell’ anno in corso le stime prevedono che raggiunga la metà della capacità d’ acquisto. Una quota da paese asiatico sottosviluppato. Per fare una comparazione indicativa, in quelli occidentali non supera il 12-13 per cento. Al consumatore non resta che stringere la cinghia. Notevole è anche la caduta dei consumi di beni durevoli: -15% le auto; -30% gli elettrodomestici; -35% l’ abbigliamento, indica l’ agenzia RIA-Novosti.

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Super Jet International

Le agenzie turistiche registrano un forte calo di prenotazioni sia per le destinazioni interne sia per i viaggi internazionali. Significa che la crisi colpisce duro anche la classe media urbana, finora quella che più si era beneficiata dell’ ampliamento dei consumi nell’ era Putin. A Mosca, tanto una delle maggiori, dietro la piazza Rossa, quanto quella all’ interno dell’ università Lomonosov, per esempio, hanno perduto oltre il 25 per cento dei clienti. Altrettanto difficile la situazione a Leningrado. A risultare particolarmente sacrificate sono le mete nelle aree geografiche dell’ euro e del  dollaro; Egitto e Cipro quelle che meglio resistono.

Ad aumentare in misura allarmante sono invece le spese militari. In questo 2015 è previsto un incremento pari a un terzo rispetto all’ anno scorso: da 2mila 471 a 3mila 287 trilioni di rubli, all’ incirca il 4,5 per cento del prodotto interno lordo (PIL), scrive la Nezavisimaja Gazeta del 26 marzo scorso. E’ il doppio della Cina. Gli Stati Uniti, l’ unico paese al mondo a disporre di una rete militare di dimensione mondiale, investono il 4,7 del loro PIL, sostengono quindi la più onerosa macchina di guerra  del nostro pianeta. Gli attuali investimenti russi mostrano un’ inversione di tendenza che a dispetto della crisi mira a competere con la potenza globale americana. Un’ indicazione per nulla trascurabile.

Grigorij Barzov

 

(Image credit: “Matryoshka dolls in Budapest” di Marcosleal – Opera propria. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons )

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